Frammenti di un sogno. Dopo la lettura di Apuleio

Intorno a me è luce abbagliante, una luce che non riscalda.

Dietro la lampada ed il suo il bagliore, percepisco un via vai di gente, un inseguirsi di parole bisbigliate, di suoni ritmati.

I capelli davanti agli occhi, la testa china sulle ginocchia e le ciocche attorcigliate ai polsi,  si serrano ed allungano sino alle caviglie.

Un filo giallo segue la curva del mio sguardo, separandosi ed unendosi alla coltre fitta dei miei capelli, filtrando ed assorbendo la luce come un corallo. 

Il giallo era un colore tanto amato da mia madre.

Vedo sfuocatamente un filo giallo girare intorno alle caviglie per ancorarsi ad uno dei bracci metallici del letto. Una goccia dì sudore mi fa aprire e chiudere gli occhi, una mi riga la fronte scorrendo giù fino al collo, una terza mi offusca del tutto la vista, una quarta porta con se la paura di un imminente risveglio sino a che la quinta, l’ultima, porta con se il lampo.

Ecco Il silenzio

Nulla più sento se non un leggero formicolio alle tempie. Cerco dl giungere le mani ma la maniche della tunica sono troppo lunghe.

-"si sta svegliando"- disse una voce quasi sussurrata. Avevo gli occhi aperti da molto tempo, anzi credo di non averli mai chiusi. spalancati e fissi in una sola direzione, ed i miei occhi non vedevano chiaramente che le leggere increspature della vernice sul soffitto.

Provo ad alzarmi, mi tiro su con la schiena dritta, sono in piedi.

Il freddo del pavimento si irradia dalla punta dei piedi fino alla spalle esaltando in me la percezione dei tessuti sulla pelle, delle vene che si irraggiano come un' edera millenaria su un muro antico.

Sulle caviglie il gonfiore di piccole bruciature mi dava la sensazione d'aver corso a piedi nudi fra i rovi.

Amavo correre a piedi nudi in giardino.

Scostai i capelli dal viso accarezzandomi il volto corrucciato, ricordando che  mia madre mi rimproverava sempre per questo.

Mi sfregai gli occhi e mi resi conto d'essere in un ambiente diverso da ciò che immaginavo. Le pareti lucide di una camera senza finestre, senza serrature.

Ma ero proprio io, il viso era lo stesso, gli occhi, il naso, tutto riproduceva un'idea che mi apparteneva

-Ricordi il tuo nome, sai dove ti trovi?

-Si, io sono Psiche.

Le labbra erano ancora carnose, ma così aride e screpolate da sembrare fatte di sabbia e ad ogni lieve movimento, ancorché fosse un bacio, se ne staccava un microscopico frammento.

-"Psiche, dolce, dolcissima creatura ultraterrena, io ti amo"-

Adesso mi sento mancare.

Sono caduta, scivolata, sono a terra e provo un forte dolore alla nuca. Ho paura di non riuscire più ad alzarmi. Sento la pesantezza dal respiro gonfiarmi e sgonfiarmi il petto, riesco quasi con la coda dell'occhio a vedere i movimenti in su ed in giù della camicia nella mia immagine riflessa sulla conca di un cucchiaio poggiato sul tavolino accanto al letto. 

Qualcuno mi tira per un lembo della manica, una mano scivola giù dalla spalla per stringere poi saldamente il mio braccio. Riesco a sentire la pressione del sangue che pulsa ossessivamente sulle tempie. Avverto un pizzico sul braccio ed un ago che entra  veloce e secco, dandomi sollievo.

Ora sono tutti intorno a me, il cane di pezza, la coperta ricamata con le cifre della zia badessa, la piccola foca di plastica blu, un pezzo di pane bruciato dal fuoco di un fornello, le mie scarpette di vernice, tutti stretti a me, per confortarmi.

Un viso gentile appare sulla mia testa, è mio padre, mi guarda con tenerezza, avvicina la mano al mio volto ma la devia fino al braccio sfilando via il laccio emostatico ed ogni mio legame con la mia infanzia, lentamente, fluisce via, perdendosi.

"Così Psiche tremava per lo spavento e piangeva sulla cima della rupe. Ma lo Zefiro, cha spirava dolcemente con la sua brezza, agitandole con un continuo palpito le vesti e gonfiandole il grembo, insensibilmente la solleva, e con il suo dolce soffio, a poco a poco, la porta giù per il pendio roccioso sino ad una valle sottostante tutta fiorita, ove lievemente la depone a giacere supina nel seno delle zolle erbose."


Aldea De Maria